ANIANTE: dialogo con Antonio Aniante

a cura di Lorenzo Vota

dalla rivista Fermenti n. 7-9

Aniante: Nonostante i miei successi sono in un'età in cui ben dopo Wilde sostengo una sua battuta: « gli scandali e le faccende degli altri di tutti gli altri mi interessano più che le mie ».

Vota: Quindi anche le mie mene ti incuriosiscono.

Aniante: Sicuro. Tu sei laico senza esser fascista e scrivi senza preoccuparti né dei posteri né del pubblico.

Antonio Aniante

Antonio Aniante

Vota: Però le mie facoltà di colloquio si assottigliano: non compio una selezione per mio estro e per alterigia: è certo mondo comunista ecclesiale che, rifiutato da me, mi isola.

Ha ragione Vasco Pratolini in quell'ipocrita libro che è La costanza della ragione. Pretenderesti che preti e comunisti ancora ti osannassero? E' il colmo.

No. Ma c'è una nuova componente in me ahimè non gaudiosa. Quando si è molto giovani si gode di cattivi e imbecilli: verso i quaranta si prova nausea: perché se sono imbecilli, vedi la cultura ligure ad esempio, vomiti, se sono malvagi vedi Beauvoir, Silone, Cohn Bendit, Gluoksmann, Levy Strauss, Merleau Ponty, Sartre, la letteratura femminile che è tutta populistica e beghina, Benoist, Ernst Bloch, Santucci, Pomilio Antoine Audouard ecc, ti impietrisci di terrore.

Ti si è rinfacciato qualunquismo perché, come hai testimoniato dianzi, mescoli alla rinfusa, nel tuo odio e rigetto, grandi scrittori e minori, senza proporzione.

Anche tu mi hai frainteso: nell'ossario clericomarxista e quelli ohe ho citato lo sono tutti, cristiani di padre in figlio, non è questione di scrivere bene o male: di clericomarxista si muore e si da di stomaco tanto se prendi una piccola dose, vedi autore oscuro o minore quanto se ti demolisce un colosso od un Nobel. Patroni Griffi, simpatico radicai chic scrisse Di amore si muore. Io dovrei scrivere Di cristianesimo si muore e si muore, come dopo una frontiera immisericordiosa, tanto a un metro oltre la demarcazione quanto nel cuore del paese quanto ad un opposto estremo di esso.

Perché detesti i cristiani? A me sono indifferenti.

Tu sei nato assai prima del concordato e come presso mio padre eravate già formati quando la calamità vi piombò addosso: invece a noi, quello smottamento di medioevo ritardato ci è volato addosso senza preavviso e in un'epoca in cui disarmati speravamo nella bontà della scienza. Odio i cristiani perché, ricchi e poveri, tengono a realizzarsi nella sofferenza: un povero mira a restar tale e un ricco finisce coi pentimenti immotivati e paranoici di Tolstoj o con le mattane di Dostojewski. Abborro dalla letteratura russa salvo Turgeniev, Pushkin, e quelli che ammettevano che non era rilucente che una certa società ne sfruttasse un'altra ma, aggiungo io, sarebbe stato ancora più folle che il bennato ossia il nobile e il ricco precedesse con un atto antistorico ossia cristiano la spoliazione dei propri privilegi: in parole povere: offro la testa intrepidamente per signorilità come Cicerone quando vengo preso per esser trucidato, ma non mi uccido prima che la società mi giustizi

Insomma neghi la coscienza.

Precisamente e in ciò sono ultramarxista: se qualcosa è ingiusto è la società che lo dimostrerà e mi castigherà. Non tocca a me autopunirmi: ecco il punto: quindi dal furto di una caramella ali' assassinio di un amico allo stupro di una decenne, al ladrocinio, alle spese dei « diseredati », io non devo esser in grado di trasalire né di giudicarmi: se la passo liscia significa che la storia mi ha permesso di passarla liscia: se mi processa e ammazza significa che andava bene anche se non avevo commesso che una infranzioncella da infante. E' una specie di positivismo alla Auguste Conte, il mio. Dal positivismo nasce il marxismo, nasce il vero Croce non Gentile. Dalla sublime insensibilità alle cose sociali, nasce la cultura e Croce era insensibile, Gentile si è fatto accoppare come un cane dai partigiani: idealismo maledetto, sia di destra che di sinistra.

La tua è una visione mafiosa.

E chi ti ha detto che non preferisca la mafia a Silone a S. Francesco a Papa Giovanni XXIII, e tutta questa cianfrusaglia di dannosi inutili? Infatti prediligo Sciascia che è realistico verso la mafia, non la abbellisce secretariamente come Mario Puzo ma è inesorabile verso i dicci. Il mio stomacamento non è ridurre i miei pranzi a un tramezzino e perdere il poco o il tanto che possiedo: è condividerlo colla pantomima clericale, è dividere il mio marxismo coi preti, come in Polonia, doppio inferno: quanto a rimanere nullatenente ma esautorare per sempre con un'atomica morale ed economica tutto il clero, tutta San Pietro ci sto, sin da domani: guaio è che né don Berlinguer né altre false albe accetterebbero. Berlinguer pencola più per il Cardinal Bettazzi di Ivrea o per il cardinal Benelli di Firenze, che per il suo colto collega Amendola che di chiesastico ha per fortuna poco o niente. Arrivo pensino ad amare Nenni a gradire Saragat pur di non aver da fare coi Christi.

Non occorre dire che detesti Roma.

Al punto che o Roma o morte dovrebbe esser tassativamente mutato in Roma e morte e Roma e merda.

Non sai che, fine come sei, intaccando la volgarità ti tagli le gambe con gli avversari?

Sì, ma quando ci vuole ci vuole. Non è essa stessa una frasaccia da romano questa? Quando sono stercorario mi trovo su di un palcoscenico di Roma o di Parigi se vuoi, insomma una capitale ad alto potenziale cattolico

Hai ragione che quelle teste innominabili di nostri connazionali non hanno mai inteso, che la dicci è una brevis manus del Vaticano, che è la stessa famiglia e non se ne esce più. Questo lo capivano persino i francesi tra i quali io trascorsi la vita, lo comprendeva persino Mauriac, Claudel, Maritain, con un certo sollazzo perché a loro tale commonwealth andava in poppa. La Francia non è mai stata la « sorella latina », è stata la sorella clericomarxista. Guarda mia moglie, francese, con tutta la sua civiltà, usa frasi inconcepibili in una nordica: pensa di sopravvivermi, io son una quercia e lei è un bel po' più giovane di me: « quando Antonio muore io vado a stare a Parigi ».

Non devi stupirti: anche loro sono gente che ha fatto fuori tutta una popolazione protestante in una notte e ha falciato tutti i collaboratori, ossia i poveracci del rattoppo di Vichy, nella buffa «resistenza» francese. Nunquid e tu: Gide e Virgilio. Gide era un tesoro, non perché fosse lucido e pederasta: perché era protestante e antifrancese, come Montherlant era mio grande amico non perché di destra ma perché nella sua destra si celava spregio per la Francia e uno spaventato paganesimo. Ho amato pure Giono, la Sagan, Valéry seppur oscuro come il deretano di un negro: meglio il simbolismo che quella chiarezza cristiana che è la morte; quella grazia che è un pugno in un'orbita, quella rivelazione che è una crucefissata nella nuca. La Francia di Cocteau, di Celiale, di Brasillac, di Drieu la Rochele, di Saint Exupéry ormai è una Francia minore come quella del Pantheon che include Anatole France.

Insomma, anziché una letteratura rivoluzionaria preferisci una signorilità statica edonistica tutta sensi e intelletto secondo il partenopeo e rhemingwayano « chi ha ha, chi ha avuto avuto ».

Ai miei ammiratori disquisisco sempre così « andate a vedere com'era un autore nei verd'anni: poi accettate di leggerlo: se sin da giovane era innominabilmente brutto come Monsieur Sartre, Edoardo Sanguineti o Jean Genet chiudete il libro: non ne sortirebbe che tanfo ».

Hai fatto una topica: io neppure sono più bello: sono sfiancato dall'artrite e sono malridotto. Ho ottanta anni

Sarà banale ma ti ho visto in foto e conosco la tua opera: laica sino alla disperazione degli italiani ecco perché come anti fascista autentico non ti hanno onorato abbastanza e sono freddini. Non sai di Roma, di chiesa, non c'è una nota del nostro paese, San Pietro, in te. Da giovane eri assai avvenente: parevi Raymond Massey con tutta la galanteria birbona di un avventuriero dello immoralismo gagliardo (Confessioni obbrobriose, la tua opera più avvincente) unito a un vitalismo che Piovene ha fatto finire in sedute spiritiche e gesti da giocoliere tra Charlot in fase ultragoffa e Fanfani in fase da professore serale quale credo sia stato.
Purtroppo sono stato aggiuntivamente allevato con ascendenze piemontesi che, per definire, sin da quando ero piccolo la gente da scartare, mi assordarono la infanzia con fulatùn (scemo) e brut che non è lo spumante o lo sciampagna secco ma significa laido brutto. La mia infanzia ligure-piemontese non è stata che un tirocinio di schiaffi allo scemo e al brutto, allo stupido e al laido che in mio padre ebbe ed ha un ritornello ossessivo, paventatole direi, ma infine sano come gli schiaffi sulla pelle degli ippopotami. Una selezione razziale del corpo come presso Von Stein, azzarderei. Non per niente un mio trisavolo fresco fresco era di Berna. V'è il lato germanico in me implacabile verso i malnati i deformi. Caveas signatis, insomma, quello latino: credo meridionalmente al malocchio e nego pietà ai brutti: scrissi autorevolmente un giorno che la pietà non è che ridursi nello stato di chi te l'ha ispirata e quando sei ridotto in stato pietoso ti spazzano via e han ragione ma tu no, tu sei una quercia un po' disrotta dagli anni ma sempre di un dato fusto di una data alberatura e alberazione. So riconoscere i malnati: sono quelli che son partoriti male e non fanno nulla per migliorarsi. Tu resti un bel vulcano siculo.

E' la fine: occorre diventare dei « loro » ma il guaio è che se non hai quattro quarti di nobiltà « loro » ti snobbano. Hai visto l'epilogo di De Carolis, di Di Montelera, che pure erano come si suoi dire partiti bene.

Gentaglia lamentosa come Sacharov, Plirtsch, Orlov, Soldatov, Solgenitzin, Siniavski, Daniel e tutta la gazzarra di almeno otto nomi ucraino-ebraico-tedeschi che si lamentano dell' Urss: dell'Urss ci se ne può liberare, per chi lo desideri, emigrando, posando a martiri in Europa ma a noi la eterna compagine dicci chi ce la toglie?

Lelio Basso socialista massimalista, almeno anni fa, e Terracini han detto a me pacatamente, anni fa, che è questione di secoli la fine del cristianesimo: siamo nelle condizioni dei protomartiri cristiani òhe auspicavano la fine dell'impero, Tiberio, allora, verso il 32 dopo Cristo. Ci vollero quattro secoli per soddisfare tale voto.

Siamo spacciati e non resta che arruffianarsi ma dopo quello che gridiamo contro di loro, l'establishment ci darà un posto?

No, soltanto le briciole come chi si converte all'ebraismo a New York; alla prima generazione lustri ancora i passanti di ottone, alla terza forse diventi segretario di un ebreo, alla quinta sposi la meno dotata delle israelite e rinunciando al tuo cognome o prendendolo doppio, eccezionalmente, arrivi, come si dice, in famiglia. Come vedi è stolto calunniare la mafia: ve ne sono delle più forti ahimè sconfiggibili solo da sciagurati tristi. I due grandi tristi della nostra epoca: Stalin e Hitler che però contro entrambe quelle genie la stavano per spuntare ma a caro prezzo: esistono solo più, padelle e braci: la serenità di un cibo, di una tovaglia, di un lucore che redima è un idealismo da Dolci, Danilo.

a cura di Lorenzo Vota