DARIO BELLEZZA: Venticinque anni di Fermenti

dalla rivista Fermenti

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Dario Bellezza

Nel Maggio 1995, Fermenti aveva ricordato i venticinque anni dalla sua fondazione.
Dario Bellezza intervenendo a Ciampino (Castelli Arti), ha effettuato l'intervento che segue.

Direi che le note e le considerazioni possono essere, tutto sommato, negative, nei confronti di una situazione letteraria che io trovo deprimente, offensiva per chi scrive, umiliante ormai, considerato lo scarso o nullo interesse che c'è verso la letteratura, con annessi e connessi che riguardano naturalmente la saggistica, la poesia, il romanzo, i vari generi letterari. Dico questo perché la letteratura in Italia ha avuto una funzione, per così dire, nazional-popolare, soprattutto nel dopoguerra c'è stata questa osmosi tra società e scrittori, con un impegno da parte degli scrittori di rappresentare la realtà del nostro tempo. Non era ancora epoca di industria culturale, non era epoca di mass-media, anche se in quel periodo c'era un'ideologia totalizzante di sinistra che dominava, la letteratura aveva una sua importanza. Pensate all'importanza che hanno avuto scrittori come Carlo Levi, come Vittorini, come Pavese, come Moravia, Sciasela, scrittori impegnati sia sul fronte letterario che politico; non che necessariamente i loro libri fossero dei libri politici ma, in ogni caso, cercavano di incidere sulla realtà del nostro tempo, erano considerati dei maestri e la letteratura aveva una sua funzione pubblica, lo scrittore non si sentiva né impotente né inutile. Tant'è vero che poi la sua funzione è diventata sempre più importante e gli scrittori hanno cominciato a fare opinione, sui giornali soprattutto, dove c'è stato un dibattito sul romanzo, sulla funzione della poesia, sul rapporto fra scrittore e società. Questo è durato fino al momento in cui è entrato in scena il Gruppo '63, che dal punto di vista letterario cercava di prendersi uno spazio e un potere per modificare in parte quello che si era venuto creando negli anni '40 e '50, fino agli inizi degli anni '60. Indubbiamente la funzione del Gruppo '63 è stata in parte anche positiva, perché ha svecchiato tutto un tipo di problematica, di saggistica; secondo me, però, gli intellettuali del gruppo, molti dei quali sono finiti a fare i docenti universitari, sono diventati uomini di potere, come ad esempio Angelo Guglielmi, non avevano le carte in regola dal punto di vista creativo; sono scrittori profondamente sterili che non ci hanno dato, almeno questa è la mia visione, attraverso la sperimentazione, attraverso il bricolage, attraverso la ripresa di certi moduli delle avanguardie storiche, il capolavoro. Se pensate che Eco, che pure faceva parte del Gruppo '63, poi ha scritto dei romanzi gialli, perché questo sono: Il nome della rosa e gli altri, e ha accettato l'industria culturale in loto, voi capite come ci troviamo di fronte ad un fenomeno di involuzione, che lentamente è arrivata ai nostri giorni. La letteratura ha perso sempre più importanza perché quei vecchi scrittori non sono stati rimpiazzati dai nuovi. Per vecchi scrittori intendo quelli che ho nominato più altri che adesso non fa conto di segnalare ma che avevano un rapporto reale non solo con la società italiana ma anche con i lettori, cioè che scrivevano ed avevano un pubbico. Oggi questo pubblico si è dissolto, ogni tanto noi verifichiamo qualche best-seller, qualche libro che ha un'incidenza, diciamo così commerciale, che quasi sempre è prodotto dall'industria culturale, dai mass-media, ma, in sostanza, la funzione dello scrittore oggi è nulla. Quando si pensa all'importanza che hanno avuto Sciascia, Moravia e Pasolini nell'opinione pubblica italiana! Intervenivano sulle situazioni correnti della politica italiana, e questo era importante perché essi portavano la voce degli scrittori, la voce degli artisti, motivata. Per esempio quando Moravia e Sciascia scrissero quell'articolo a proposito delle BR che diceva: «Né con lo Stato né con le BR», già lì si poteva intuire che c'era una funzione ideologica molto precisa che ancora oggi io condividerei.

Foto di Antonella Calzolari, Velio Carratoni, Dario Bellezza

Da sinistra Antonella Calzolari, Velio Carratoni, Dario Bellezza

Ho iniziato dicendo che ci troviamo di fronte ad una situazione nera, perché la letteratura oggi non ha più seguito vero, diciamo che la letteratura è morta, ci sono scrittori, ci sono poeti, c'è gente che scrive, ma gli editori ormai si sono orientati verso un tipo di letteratura il più possibile commerciale cosicché molti talenti stanno morendo, non riescono a trovare spazio nell'editoria. Perché succede questo? Perché, appunto, oggi un libro non è più giudicato come una volta, fino a quindici anni fa, per i suoi valori letterari dai grossi editori, ma in base a quante copie se ne possono eventualmente vendere. La ricerca di mercato e gli stessi funzionari editoriali oggi non sono più gente di valore, critici, saggisti ecc., sono dei manager che magari provengono da altri campi e sanno poco e niente della letteratura che è un momento preciso della nostra spiritualità, della nostra creatività.
Per cui io vedo molto nero, anche perché la televisione in realtà non fa niente per promuovere il libro, per interessare i suoi utenti alle problematiche letterarie, ai dibattiti. Ci sono delle trasmissioni in cui si fa pubblicità generica ai libri che stanno in testa alle classifiche e lì finisce.
Non c'è una precisa volontà di portare avanti la letteratura perché oggi, più che mai, siamo ridotti ad essere servi ideologici di un'ideologia, appunto, che grosso modo potrei definire, tra virgolette, "berlusconiana", "fininvestiana", dove domina non l'intelligenza, la cultura, la serietà, ma vige e impera la volgarità, la telenovela, il quiz. La gente è obnubilata da orrendi film che vengono trasmessi quasi sempre dalle reti Fininvest e qualche volta anche da quelle della RAI, che ha tradito totalmente la sua funzione di servizio pubblico, tanto è vero che le trasmissioni culturali sono sempre relegate a dopo mezzanotte oppure sono affidate a personaggi snob che fanno venir voglia di non interessarsi della letteratura se essa diventa soltanto un pretesto salottiero. A questo punto coloro che, nonostante questa apocalisse che secondo me continuerà nel futuro perché non vedo possibilità di svolta considerato quello che c'è nel campo editoriale, procedono partendo dall'emarginazione, dalla solitudine della cultura, rischiando, senza finanziamenti, senza appoggi, senza padroni, pagano questa libertà in maniera abbastanza totale, perché la libertà si paga appunto con l'emarginazione, con il silenzio stampa, con la rimozione da parte del potere di certe iniziative. Ciò è evidente specialmente nelle grandi città, anche perché non c'è collegamento con la scuola che dovrebbe essere, secondo me, fucina di persone che si interessano ai fatti culturali, almeno in quel momento. Non c'è più rapporto tra il tessuto sociale e la letteratura, la cultura, soprattutto in città io ho notato; ecco oggi qui c'è diversa gente ma ad un dibattito che si svolge in provincia possono intervenire anche trequattrocento persone, a Roma spesso si fanno letture e dibattiti presenti tre o quattro persone. Vuoi dire che l'humus connettivo metropolitano è completamente disgregato e schizofrenico, la gente non si incontra, non si trova più insieme per fatti che riguardino la cultura. Senz'altro ci saranno anche altri motivi, non che io creda di esaurire, con questa mia interpretazione vagamente sociologica, quello che succede nella cultura italiana, però penso che molto di quello che dico non sia lontano dalla verità. Fra coloro che si distaccano da questa situazione c'è il nostro amico Velio Carratoni che, dal 1971, pubblica una rivista che si chiama Fermenti, credo con molti sacrifici e con molta operosità nello stesso tempo, con molta creatività. Questo proprio perché non ha appoggi, non ha padroni e, naturalmente, paga la sua libertà. Fermenti è una rivista che nasce inizialmente come esclusivamente letteraria e poi prende una piega che la porta ad occuparsi anche di arti figurative, anche per finanziare la rivista stessa, nonostante anche la pittura sia colpita dall'emarginazione (pensate che i pittori non possono essere invitati in televisione tranne nei talk-show, o quando c'è un documentario su un pittore famoso o su una mostra e questo perché il pittore è portatore di valori commerciali). Questa rivista, nel suo altalenarsi fra letteratura e arti figurative ha, secondo me, raggiunto dei risultati di straordinaria efficienza, perché permette di venire a conoscenza di tutta una serie di fatti che altrimenti ci sfuggirebbero, perché i media tradizionali, le pagine letterarie dei grandi giornali sono ormai mafiosi. Nella mentalità dei redattori culturali dei grandi giornali (Corriere della Sera e soprattutto La Repubblica) c'è ormai un gioco al massacro del silenzio nei confronti dei fatti della cultura; si parla soltanto degli amici dei redattori stessi, o degli amici degli amici dei redattori, o di qualche giornalista del giornale e tutto finisce li. Sui giornali non c'è più, come una volta, il cosiddetto dibattito culturale ormai l'hanno ereditato le riviste di minoranza, come Fermenti, che, senza voler denigrare, sono lette da pochi per le ragioni che dicevo. Non è che solo Fermenti sia letta da pochi, anche tutte le altre riviste letterarie o di arti figurative che esistono in Italia, perché la distribuzione è carente, perché le librerie spesso non le Maglione ecc. Dicevo delle pagine culturali che sono mafiose, perché non registrano quello che succede in Italia spesso; il caso più tipico è quello de La Repubblica dove c'è una lobbie attraversata da due-tre scrittori (Citati, Arbasino, Malerba) che qualsiasi libraccio scrivano hanno articoli, interviste, polemiche ecc. Degli altri niente, non se ne parla oppure si fanno delle schedine. Quando io scrivevo su Paese Sera, giornale glorioso anche se negli ultimi anni era finito nelle mani di Cossutta, che io detesto, e che aveva avuto dei grossi finanziamenti per salvare il giornale ed invece se li è messi in tasca, lui che fa tanto il puro, secondo me faceva lo stesso gioco che fa adesso, ma questa non è una polemica con Rifondazione che adoro bensì con Cossutta che fa lo stalinista di ritorno. Il Paese Sera aveva una pagina letteraria che, certe volte diventava anche di otto pagine e se c'erano otto pagine (è chiaro che anche allora esisteva l'indagine di mercato) vuoi dire che incontrava il favore dei lettori. Su questo giornale si scontravano, molto democraticamente, tante posizioni, cosa che oggi ci sogniamo. Oggi i giornali, come ripeto, sono mafiosi, una volta, e ricordo sempre il supplemento libri di Paese Sera, c'erano tante posizioni diverse. Siccome il giornale adesso non si trova più e bisogna andare in emeroteca per farsi dare alcuni articoli, perché non tutti i numeri sono disponibili, un mio amico ha trovato dei miei articoli che sono di posizione diverse, in campo letterario, rispetto ad altri collaboratori. Ma l'importante è che ci fosse questo plurarismo, come si dice oggi, di intenzioni e di situazioni; non c'era certo razzismo magari perché uno veniva dalla scuola di Pasolini e un altro veniva dalla scuola di Sanguineti, per dire. C'era quello che è poi lo scopo della cultura: il massimo della democraticità, il massimo del dibattito sulle idee. Oggi non c'è dibattito, la fanno da padroni i politici; noi abbiamo sostituito il dibattito culturale con il dibattito politico, anche perché è quest'ultimo l'unico che ci viene imposto, per cui io ieri mi sono anche divertito a sentire Bossi e Fini, però poi, in sostanza, era qualcosa di gratuito, io già conoscevo le posizioni dei due contendenti. Non c'è mai un dibattito su, ad esempio, il romanzo oggi, con due persone che discutono, che hanno posizioni diverse nel campo della narrativa. Siamo ridotti o a sentire questi snob che parlano di cultura come se fosse un menù di un grande ristorante, come quelli de L'altra edicola, oppure ci dobbiamo accontentare dello strimpellamento di trasmissioni come A tutto volume, dove vengono "urlati" i libri che stanno in testa alla classifica e poi lì finisce, punto e basta; perché poi, tra l'altro, quella ragazza, Daria Bignami mi sembra, che è anche simpatica e gradevole, intelligente e carina, però credo che sostanzialmente i libri non li abbia letti, per cui ne parla così, seguendo un piccolo schemino e noi non capiamo perché un libro debba essere letto ed un altro no.
Io ho fatto questo ritratto apocalittico ma ragionato, non negativo in toto, dicendo che per adesso, come i carbonari nell'800, come coloro che facevano parte della Resistenza nella II guerra mondiale, siamo anche noi alla resistenza, alla posizione di difesa, siamo persone di minoranza, emarginate. Noi ci occupiamo di qualcosa di cui bisognerebbe vergognarsi ormai cioè la cultura, la letteratura e soprattutto la poesia che è quella che viene a soffrire di più di questa situazione, secondo me perché è stata completamente beffeggiata dai mass media, considerata attività inutile e quasi insopportabile. Chiunque si presenti come poeta viene preso in giro, tant'è che Caproni mi diceva, ed allora il fenomeno non era precipitato come adesso, che quando gli chiedevano cosa facesse lui non gli diceva poeta ma giornalista, scrittore; se diceva giornalista tutti si inchinavano, se diceva scrittore un po' meno, se diceva poeta gli voltavano il sedere e se ne andavano. Caproni aveva perfettamente ragione perché la poesia, che è stata un'attività molto importante per la società italiana, con tutto il non rispetto che io ho per le figure dei vati, perché essendo io una persona molto ideologica non condivido le posizioni letterarie di destra, però D'Annunzio, Carducci, Pascoli, che avevano una funzione nella società letteraria, sono dei grandi poeti anche se di destra.

Foto di Antonella Calzolari, Velio Carratoni, Dario Bellezza

Da sinistra Antonella Calzolari, Velio Carratoni, Dario Bellezza

Ma questo ha poca importanza per quello che sto dicendo, importante è sottolineare che un poeta allora faceva opinione, la borghesia lo leggeva; oggi la borghesia è profondamente ignorante, non legge i poeti, legge il best seller ogni tanto, il libro che riesce a superare un tot di copie e lì finisce il rapporto con la letteratura e la cultura. Questo è quanto io dovevo dire. Ritornando alla rivista, questa insieme ad altre di altre persone, è un'attività meritoria, non so quanto premiata dal consenso e dal successo, ma questo non credo sia lo scopo di chi fa una rivista letteraria, di arti figurative, perché in questo universo mass-mediale, virtuale in cui ci troviamo immersi, la letteratura ha perso importanza.
La colpa non è soltanto di un trapasso millenaristico, per cui ci troviamo di fronte a quella cosa che già si prevedeva, della distruzione della galassia Gutemberg, diciamo così, e del passaggio ad una società "visiva", tra virgolette, ad una cultura visiva. Questo, certo, è determinante perché i bambini oggi non vengono abituati alla lettura, né la scuola può fare molto contro la violenza delle immagini cui sono continuamente costretti fra tutto questo orrore che gli vomita la televisione, dove poi tutto è profondamente diseducativo. Io non voglio fare un discorso moralistico, anche perché tutto sommato sono alieno da queste prese di posizione perché ho sempre odiato le proibizioni, tutto quello che mi sapeva di oscurantismo, però certo che a questo punto abbiano ragione quelli che dicono che bisognerebbe fare un po' di regole, cal-mierizzare questa situazione. Perfino i fumetti che trasmettono in televisione e che, naturalmente, i padri e le madri spesso non vedono e neanch'io vedo, quando però mi è capitato di seguirne qualcuno ho visto che sono orridi; i fumetti dati in televisione sono quanto di più diseducativo esista, sono pieni di crudeltà, di violenza, di mostri, vampiri, personaggi che vengono dall'aldilà, necrofili. I bambini che si pensa stiano guardando un fumetto in realtà stanno guardando l'orrore, per cui essi non hanno più e non avranno la coscienza del bene e del male; non dobbiamo poi meravigliarci che i ragazzi sono cinici e duri. O cambiamo le cose o ci rassegnarne ad un mondo ancora più apocalittico di quello in cui viviamo, dove, ripeto, la letteratura non ha nessuna importanza perché è qualcosa che richiede impegno intellettuale e soprattutto capacità di lettura. Ora questa capacità non c'è più da parte dei giovani, per cui la situazione andrà sempre peggiorando, perché quelli che erano utenti di pagine scritte, di letteratura diminuiranno sempre di più. Forse i libri dovranno essere scritti chissà in quale maniera! Tanti hanno provato a fare i libri-fumetto ecc. Basti vedere anche i giornali che aprono e subito falliscono perché in genere, in Italia, si legge poco il giornale, non funziona un nuovo giornale (pensate a La Voce, a L'informazione, a tanti giornali che sono nati negli ultimi anni e sono poi, subito dopo, falliti).
Questo succede proprio per un'incapacità italiana di avere una visione problematica della vita, un modo quotidiano di porsi di fronte ai fatti dell'esistenza. Siamo diventati molto passivi, ci facciamo gestire dagli altri e non siamo più padroni della nostra esistenza, questa è la mia idea vera.
Lentamente ci hanno cloroformizzato, ci hanno addormentato e non ce ne siamo accorti, tanto è vero che abbiamo accettato un personaggio come Berlusconi (cosa che non è successa in nessuna parte del mondo). Non ci rendevamo conto che era un servo di Craxi, che faceva una manovra di un certo tipo, che manipolava i cervelli con le televisioni, non ci siamo accorti di niente. Nemmeno in Brasile esiste una situazione del genere! Ha ragione chi diceva che se qualcuno, uno straniero viene, dalla Germania, dalla Francia, in Italia e trova una situazione politica per cui ancora non abbiamo un anti-trust decente e non abbiamo una legge per il conflitto di interessi ma ci troviamo un personaggio che si permette di attaccare la magistratura con le sue televisioni, questo vuoi dire veramente che noi siamo un Paese di cretini, di barbari, siamo ritornati a prima della Rivoluzione Francese. Ecco come ci troviamo: perché la gente dovrebbe, poi, leggere, si ribadisce, con le telenovelas berlusconiane?
Io faccio tanti auguri a Velio che sono ormai venticinque anni che pubblica questa rivista e gli auguro, fare poi le nozze d'oro, ossia i cinquanta così cambiamo la vita.

Dario Bellezza