Poesie in 160 caratteri

di Reo Aromi

Prefazione di Andrea G. Pinketts

Come ho avuto modo di scrivere in "Lezioni di Indisciplina" presentate in prestigiose università italiane e, inevitabilmente "teatralizzate" al teatro Strehler di Milano il passaggio da uomo primi­tivo a uomo sociale avviene con l'invenzione del bar. Altro che il fuoco e la ruota.
Il bar è il luogo di aggregazione in cui l'uomo delle caverne diventa uomo delle taverne. Non a caso ho deciso di incontrare l'au­tore di quest'opera anomala e per me terribilmente inquietante al Le Trottoir di Milano. Un locale che trasuda poesia e birra dalla stessa spina, un tempio della musica dal vivo e della musicalità degli arti­sti morti, i cui brani li resuscitano notte dopo notte.
Il progetto di cui Reo Aromi (anagrammatelo a vostro piacere) è genialmente inquietante: comporre poesie in 160 caratteri, quanti ne poteva contenere un vecchio telefonino.
"La poesia è una malattia del cervello" scriveva De Vigny e allora l'autore è malato da un virus acquisito da un cervello elettro­nico che squilla come un cellulare o le trombe di Gerico, di una consapevolezza.
Di fronte alla tensione e alla tenzone che intercorrono tra le cel­lule cerebrali e emotive imbastita da Reo mi sono sentito reo, con­fesso: non sono un uomo delle taverne come credevo. Sono rimasto un uomo delle caverne.
Uso i miei personali graffiti, che sono la base della pittura e della scrittura, ma temo tutto ciò che è fuori dalla mia caverna. È quello che è rimasto fuori dalla mia caverna si chiama tecnologia.
Ver un telefonino in una caverna non c'è campo. Gli sms mi fanno pensare alle SS. I messaggini "Ti voglio bene" sintetizzati in "T.v.b.- mi fanno pensare al KGB. Opposti estremismi della comunicazione.
Reo Aromi è riuscito a liberarmi dalla paura che un telefonino sia la bara di un messaggio. Le sue piccolissime, tenerissime, a volte caustiche storie d'amore mantengono la poesia di un diario intimo e Baudelaire in "Diari intimi" diceva "l'ispirazione viene sempre quando uno vuole ma non sempre se ne va quando vuole lui" esi­steva il telefono amico. Ora esiste il telefono amore.
Marianna, la musa telefonica, non ha, per questioni tecnologiche, lo stilnovo di Beatrice, ma non è nemmeno Alice della Telecom. Chi ha uno stile nuovo, dolce e leggero è sicuramente Reo.
A pensarci bene, le poesie in 160 caratteri sono i nuovi graffiti, infondo è rimasto anche lui un uomo delle caverne.

Andrea G. Pinketts