Come quecumque quecumque

di Gian Primo Brugnoli

Presentazione di Dario Bellezza

La poesia di Gian Primo Brugnoli sviluppa una tendenza fluviale fra le opposte sponde della visionarietà da un lato e dall'altro del-l'affabulazione anti lirica che, ben presto però, si trasforma in lirismo musicale.

"Ascolta quel che ti dico l'amore svia
ma se questo manca tutto il resto manca
e poi la ruota nel fosso disarticolata cade
e la mano nella mano sconsolata cede"

Ma è la radicalità che sorregge tutto il progetto compositivo di Gian Primo Brugnoli a permettere risoluzioni anche repentine d'o­rientamento oppure mutazioni improvvise di registro, ma non fasti­diose, per non parlare dei piani di lettura. Tutto prova la profondi­tà inferiore che si estrinseca verso regole troppo rigide, ma anche verso una certa magniloquenza o un certo barocchismo, oggi così in voga.
Terreno e spirituale procedono tra fascinazioni e intontimenti, tra disgiunzioni e connessioni, tra frantumazioni e aggregazioni per singole immagini o per teorie di immagini.

"Le cetonie
non conoscono il rosso
i rondoni il blu
Tu conosci le parole
e il rosso delle parole
qualche volta fremi
qualche volta fingi..."

Il poeta si discute e si denuda denudando il mondo egli altri. Insomma una nudità allo specchio per esorcizzare il proprio e l'altrui "sé" nascosto. E quale modo migliore di farlo uscire allo scoperto questo "sé" se non con la parola? La parola con la sua ambiguità ma anche con la sua schiettezza e con i suoi eterni legami che affon­dano nel mito e nel mistero?

"Quando si vive
è bello potersi guardare
rapidamente"

Con misura del verso e con una desacralizzazione, a volte ironi­ca a volte quasi cinica, del ruolo del poeta, le parole di Brugnoli si avventurano in un hic e in un nunc che significano, sì, una ridda di ipotesi e di posizioni, ma che soprattutto propongono una poetica dell'anima.

"Nidificano i tormenti
uccelli di rapina
attenti a frugar nel rovo
di smemorate stelle
dove s'affisano quelle
che il cielo inclina"

Si direbbe che il poeta proceda per bilanci, che è poi un mo­do di avviare la lettura della pagina esistenziale attraverso il ricordo.
Questo vuoi dire che egli trova nella memoria il luogo più ido­neo al raffronto di realtà passate e presenti — vere o immaginate — (l'arte ha il potere di rendere vera, attraverso la parola o l'immagine, quello che non c'è), dopo di che può rivolgersi, guardare a realtà impalpabili.
Si potrebbe, senza paura di smentita, parlare di una metafisica della vita che è insieme eticità e religio.

"...perché non portasse più via
la mia malinconia"

È una poesia che combatte le illusioni, e non potrebbe essere diversamente, dal momento che i bilanci poggiano su dati obiettivi e non solo su illusioni. Ecco perché la parola viene usata, giocata, amata, scarnificata, concupita.
E quando l'autore può trovare se stesso, lungo un percorso tra memoria e desiderio, insomma quando c'è il ricordo nitido o soffuso della recente realtà o il presente con la sua assillante incertezza del futuro, è lì che la poesìa dì Gian Primo Brugnoli raggiunge dimensioni alte, anzi eccelse, e di grande rigore stilistico. Il pensarsi e il viversi al centro del caduco mondo lo fa avvicinare a temi toccanti e a situazioni sublimi con grande ironia. Ironia che da una connotazione molto personale ed interessante ad ogni poesia.
E sempre lei a lasciare sulla pagina la freschezza visiva di chi ha rivisitato la tradizione poetica, con grande profondità e amore, facendola propria. Insomma per essere chiari fino all'eccesso Gian Primo Brugnoli è come direbbe Boris Pasternak un "lettore ruminatore" ed uno "scrittore incisore".

"Viaggia la felicità
su pattini a rotelle
fugge per la tangente
di scarpe rotte"

E' sempre lecito, anche se gratuito, andare alla ricerca dei maestri di un autore e per Brugnoli mi viene da pensare a Corrado Govoni, Toti Scialoja, Edoardo Cacciatore, ma soprattutto a tutti quei poeti americani che vanno da Allen Ginsberg a Gary Snyder, insomma quelli che hanno lavorato in contiguità con la musica, he composizioni del nostro poeta sono infatti profondamente legate al jazz freddo.
Talvolta la scrittura è urlo di dolore, talvolta sembra distendersi azzardando l'abbraccio di tenerezze persino sentimentali, in ogni caso resta sempre vigile a se stessa e certa nei suoi proprì intendimenti.
A prima vista può stupire la convivenza fra la lucida, razionale analisi del proprio pensiero con l'esplosione emozionale dì tanti piccoli o grandi turbamenti, ma sono proprio questi passaggi che testimo­niano, in forma di parole, lo scorrere della vita in lotta con se stessa, nel tentativo di ricacciare indietro i demoni della morte. Ed è proprio qui che Gian Primo Brugnoli con i suoi versi, ripeto, sempre controllati, lavati con ironia e immersi in un ritmo, che va dal semplice giro dì chitarra alla sofisticatissima sinfonia d'archi, si appropria dell'az­zardo del vivere.

"...non c'è traccia di neve
non c'è traccia di fango
il mio cuore sul tuo cuore
non c'è traccia di tempo"

Dario Bellezza