Le grazie Brune

di Velio Carratoni

Recensione di Daniela Negri

Bisogna prendere arto che nel panorama editoriale romano, ben pochi editori possono con semplicità ma anche con orgoglio essere presentati come un fiore raro. Uno tra i pochissimi è proprio Velio Carratoni.
Velio Carratoni, amico dei talenti romani, consigliere a suo modo di 'immagine', oltre che editore-stratega fine e tenace, per oltre vent'anni di attività indefessa sul territorio letterario, ha presentato di recente anche se stesso, come autore di tutto rispetto, con il suo romanzo "Le Grazie Brune".
Con questo libro, erotico in modo troppo appariscente per crederlo tale, Velio firma un 'vedere' stranamente mensurale del vuoto di ragioni e di senso della società attuale. Come a dire che la sua scrittura narrativa è in grado di fare da monitoraggio al microscopio delle forme che il vuoto, o, meglio, il terrore del nulla può assumere nella contemporaneità.
Avendo di persona avuto a che vedere con questo mondo di mercificazione estrema, in cerca di dati per una mia indagine letteraria, ho ravvisato nel libro di Velio una esattezza sbalorditiva e nel contempo una velocità distrattiva, come un'ala di ironia e di compassione che nel disegnare gli eventi ne lascia aperte le ferite di senso, come se davanti allo spettacolo la sua penna sapesse lasciare un po' scostate le scenografie, di un verissimo guardato, rivelando i marchingegni fanatici del 'fantastico già visto' fra le tenebre di un al di là che non c'è.
I personaggi sono davvero quelli che s'incontrano nella metropoli barocca più sacra del mondo, sono persone senza affetto né ruolo affettivo o che del ruolo fanno strumento di contesa, di potere, di autoflagellazione, di penitenza, raramente di benessere. Il terrore, dicevo, infiltra ognuna delle figure, consapevoli tutte del baluginio caldo della vita come della costanza di una morte troppo pervasiva, nella sua lontananza, delle strutture esistenziali più minute della vita quotidiana.
La decostruzione dell'Eros come valore di vita è attivata da Velio con procedure tecniche di grande pregio e spessore filosofico e anche 'sincere' - perché nate da un'attività del guardare che ricerca unità o volumi - che polverizzano appunto gli atti umani, in vista di... un godimento finale, e li allontanano da esso con un movimento matematico di suddivisione infinitesimale degli stessi. Essi, dunque, nel loro procedere verso..., invece, se ne allontanano, e quando lo raggiungono sono del tutto distratti, dubbiosi e destituiti di forza di fascinazione come di fede. Più che la reificazione dell'oggetto sottomesso alla costante mercificazione del reale, c'è in questo andamento narrativo di Velio, un tentativo di interrogare l'azione umana e chiedere: che senso ha l'azione in vista della merce ? Perché continuare nell'azione ? Il protagonista è cosi dall'inizio alla fine tutto proteso e strappato fra i due punti cruciali e opposti del desidero da soddisfare e del senso da ricercare, come se l'uno fosse contro l'altro e l'attività dell'uno castigasse la ricerca dell'altro. Desiderio e senso emergono dalle descrizioni negli eventi- incontri in dissidio feroce: la trattativa del Don Giovanni non è fra sentimento e piacere ma fra il senso e il piacere, la trattativa di Casanova non è fra verginità del mondo e peccato, ma fra il peccato e la sua ragion d'essere.
Velio narra le sue storie nella direzione di una riflessione molto seria avvitata sull'oggetto-corpo e tesa a un allontanamento per ricercare un 'sacro quotidiano' che invece, tristemente, non trova.
Peccato che il libro scelga il versante eminentemente erotico per esperire i risvolti esistenziali di questo movimento all'indietro implicito nella corsa del vivere. Magari si può tentare di avvicinare questo suo pur notevole romanzo ad altre scritture più casuali - ma non per questo meno strutturate del romanzo - come certi raccontini e certi aforismi, dove l'autore rivela quello spessore di ricerca e di intenti complesso che annoda alla cronaca più minuta la sottile riflessione critica in un tutt'uno di spietatezza umanissima.

Daniela Negri