Numero monografico della rivista Fermenti sulla giovane poesia italiana

INDICE DEL NUMERO MONOGRAFICO DELLA RIVISTA FERMENTI, giugno 1978

SINTOMATOLOGIA DEL GIOVANE MORBO

  • LAVORO DELLA SINTOMATOLOGIA IN SCORRIMENTO:

L. Angiuli, R. Cannarsa, A. Contò, L. Corteggiani, D. De Amicis, F. Ermini, F. Ferreri, V. S. Gaudio, C. Giovanardi, R. Linzalone, M. Moroni, S. Petrignani, G. Pavanello, C. Provenzano, M. Quesada, G. Savio, N. Scutari, C. Vio, L. Vitiello

  • SCHEDATURA POETICA

  • LA MAPPA IMPOETICA di 11 poeticocritici:

A. Cappi, D. Cara, P. cimatti, A. Lolini, L. Mancino, R. Minore, E. Pecora, L. Pignotti, V. Rivielo, G. toti, F. Verdi

VITALDO CONTE

Sintomatologia del giovane morbo

La poesia è un sintomo: il giovane morbo una sua connotazione. Oggi il giovane morbo è esploso nella va­lenza epidemica inserendosi come sintomo nuovo nella sintomatologia dei generi morbosi. Da qualche anno è en­trato in una fase cruciale: per la introduzione nella nor­matività funzionale o nello scarico dei padri/sistemi letterari che ne possono pompare la produzione e/o pubbli­cità per liberarsene poi al concilio della Reazione. Il « movimento » è stato fortemente determinato dalla storicizzazione belardinelliana/cordelliana confezionata nel « pubblico della poesia » che seleziona (chiaramente dai due commissari poetici) la rosa azzurra « under 40 ». Ra­diografia indicativa ma viziata, come ogni iniziativa, dal con­tagio dell'ambito in cui si determinano le scelte: ambito preciso che permette di presentare anche gli inediti « baz­zicanti ». Questo « classico » « ischeda » 64 autori: alcuni hanno poesie pubblicate, altri no, alternativamente la ri­sposta a un questionario. I posti sono divisi secondo la sintomatologia: ci sono per tutti i gusti: Selvaggi; Post-Neoavanguardisti; Fumisti e Pop; Realisti, Iperrealisti e Metafisici (forse da considerarsi gli Iporealisti).

Guglielmo Achille Cavellini, '1914-2014, autostoricizzazione', foto di Giancarlo Baghetti

Guglielmo Achille Cavellini
"1914-2014, autostoricizzazione"
foto di Giancarlo Baghetti

Le assenze della chiamata « azzurra » ci sono (l'infor­tunio non è causa di esclusione in poesia: si sa più è handicappato il poeta più viene ricercato; per false emar­ginazioni poi c'è l'abbraccio episcopale). Se ogni iniziativa ha le sue assenze altre ne creano nel tentativo di colmarle. Il « classico » in autopsia ha un sicuro pregio: è « il primo bilancio, il primo manuale, la prima guida ragionata » (coirne è scritto sulla copertina del libro) della nuo­va generazione, con cui possono confrontarsi i santissimi « esclusi » che hanno la possibilità d'imprecare così sul­l'arbitrarietà di turno.

Successivamente a questa « uscita » il morbo si rivol­ta istericamente, e un po' ansiosamente, senza che nessu­no lo tranquillizzi con qualche ansiolitico: il medico-mercato ha interessi farmaceutici di produzione. Il morbo dunque si rivolta in pubblicazioni varie, antologie e rivi­ste peninsulari o estere, letture pubbliche in cantine/teatrini/chiese sconsacrate/circoli, incontri e dibattiti, radio TV libere o di stato, lezioni metriche ecc. La reazione a questa nevrastenica sovrabbondanza di poesia è apparen­temente « nuova », in quanto i pubblici d'ascolto sono co­stituiti da altri poeti, neo-poeti, aspiranti poeti: tutti im­pegnati alla conquista di un posto ufficiale, magari alla corte di un paron. Quindi lo spettatore è quasi sempre un altro giovane poeta, anche ai primi versi, che come scri­ve Renzo Paris « Non sopporta che un suo simile possa intrattenerlo più di mezz'ora con poesie che non sono state già dette eterne. Soffre di innumerevoli risentimenti. Alla prima caduta dell'esibizione, ci gode ». Al « giovin poeta » si richiede, più che una certa mole di lavoro, « un acuto »; qualcuno indicato fra i migliori della generazione ha pubblicato solo in riviste o antologie: come un giovane calciatore che esordisce in serie A seguando dei goal — è già promessa da Na­zionale. L'« ammorbato » in questione tende a mercificarsi in personaggio con .pose di balso « maledettismo »: maledettismo lacrimoso col mito romantico (piccolo-borghese) della fuga, in cui trova una gratificazione di « diver­so » in una società impoetica in cui deve pur vivere. '.

Qual è un suo « segreto » desiderio? Forse quello « svelato » da Dario Bellezza: « Sareb­be massimo godimento, e noi lo auspichiamo, vedere Poeti in Concerto, circondati da mi­gliaia di giovani, al posto di miserabili can­tautori. A leggere le loro poesie, e a discuter­ne, e a viverci anche, ben pagati, perché no? ». In questa chiave possiamo comprendere le congestionanti esaltazioni con le quali i « terribili trentenni » della nostra poesia moltiplicano come pani evangelici le folle dei fans: nascondono il livore di non potersi an­cora sostituire ai cantanti in voga e soprat­tutto alle loro classifiche. Qualcuno ha scoperto che certe serate ro­mane (quelle del Beat 72 dell'anno scorso) avrebbero dimostrato che « non ci sono più poeti e non poeti, 'tutti sono poeti' » (Giorgio Manacorda). Altri, come Maurizio Cucchi, rispondono che « Ciò non significa che tutti sia­no poeti, ma che nessuno tranne i poeti... s'in­teressa di poesia », e che le letture pubbliche e le altre manifestazioni svoltesi negli ultimi tempi sono da ritenersi utili perché determi­nano una funzione educativa che ha come fine una graduale sensibilizzazione al linguaggio poetico e una reale partecipazione del pub­blico. Questo perché non esiste ancora in Italia alcun tipo di educazione alla poesia, so­prattutto a livello d'istituzione scolastica. La proliferazione delle letture in pubblico è una positiva ricerca di superare i limiti della carta stampata e del testo: il poeta tenta di calarsi fra gli uomini in una dimensione sce­nica da inventare, nel « momento », attraver­so una comunicazione dei sensi. E' una mo­da ripresa da consuetudini di altri paesi in cui la poesia ha una diversa « fruibilità ». La poesia, quindi, si spinge verso comuni­cazioni più immediate andandosi a cercare nuovi pubblici, con una ripresa dell'individua­le e del privato a scapito del politico che ave­va dominato negli anni scorsi, dal '68 in poi.

Ha scritto Nino Majellaro: « Lo scrittore di versi recupera su quello di prosa ». E la poesia viene così di nuovo « vitalizzata » dopo le incertezze traumatiche per le dichiarazioni di morte attribuitegli (e dell'arte in genere). Causa della ripresa è anche la reazione alle mortificazioni subite per la subordinazione alla politica, nell'ultimo decennio, come della sua più libera circolazione nelle « fratte » giovanili. Come blandisce Alfonso Berardinelli nel « pubblico della poesia », « Oggi poesia e letteratura, dopo essere poco fa definitivamente e davvero morte, sono ridiventate davvero e definitivamente indistruttibili ». Vediamo dall'alto, in visione aerea, come si presenta il corpo del giovane morbo. Il tentativo di un panorama clinicamente defi­nito è emblematico sia per la sua proliferazione che ha la maggioranza delle diramazioni di natura sotterranea e sia per la diversità dei sintomi: ogni referto potrebbe risultare parziale o improprio. Una scappatoia al problema è sempre risolta con una « cartella an­tologica » nella quale possono confrontarsi autori-sintomi diversi e proposti a pubblici contagi più vasti: il pericolo è quello dell'aborto clandestino per il numero degli « ammorbati » e l'esiguità dello spazio concesso al « cura­tore ». Le molte antologie che sono state pubblicate (ad esempio) quelle di Domenico Cara, Franco Cavallo, e quella sulla giovane poesia italiana in iugoslavo di Mladen Machiedo pressoché ignorata dalla nostra « critica ») offrono quadri indicativi delle tensioni, soprattutto dell'eccessivo impegno politico-ideologico, della giovane poesia italiana. Quindi il ten­tativo di una mappa poetica, come conside­ra Giorgio Bàrberi Squarotti, può in un certo senso servire come ipotesi di lavoro perché parlare dei singoli è ancora più difficile: quin­di è preferibile parlare del lavoro complessi­vo, la ricostruzione della poesia come espe­rienza alternativa rispetto alla vita e alla storia.

Pino Conte, 'Conversazione su una presenza', bronzo 1963

Pino Conte, 'Conversazione su una presenza', bronzo 1963

L'attuale produzione ha nelle varie pos­sibilità di un colloquio con la realtà socio-politica un appagamento ideologico, superficiale e gridato per pruriti di liberazione, sia nelle pietanze del significato ohe in quelle del linguaggio stesso. All'ideologizzazione della parola corrisponde il più delle volte una massificazione espressiva, anche se scaltra e con notevole padronanza linguistica, che comporta talvolta una produzione in se­rie con un gioco di moduli componibili e interscambiabili: ogni risultato è possibile per­ché ogni composizione può dare un risultato. La conseguenza di questa situazione di poeti­ca/lavoro ha un contesto di base marxisticheggiante, poco approfondito e a volte solo di­chiarato, impegnato in molti « casi » nell'amleticismo del fare o non fare poesia (continuan­do però a farla) o in uno slogan e/o gesto politico fuori dell'attuale realtà « politica » e della storia delle arti (alcuni realismi espressivi sono maggiormente attualizzati nelle pos­sibilità fotografiche e nelle azioni di un comportamento): alcuni « ammorbati », al limite del morituro, si esercitano ancora in verseggiature di Resistenza (forse per violenze pre­natali) ignorando che la Resistenza si scrive in presa diretta e ogni tempo può avere la sua Resistenza. Diversi dei nostri rivoluzionari in pen(n)a, arrabbiati e spigolosi, hanno il caratteristico odorino dei chierichetti spogliati­si per la povertà della parrocchia che si met­tono « in proprio » (qualche volta in ciclosti­le) sperando nelle voglie del sistema editoriale. Altra caratteristica sintomatologica è l'esigenza-formazione dei gruppi, spesso nell'ambito di una rivista (fondamentale il suo ruo­lo per la proliferazione del morbo),che non risultano molto solidi: sì sciolgono, transfugano in altri, subiscono defezioni o epu­razioni ecc. I membri hanno legami teorico-ideologici più che specificatamente operativi. E' con il '68 che in un certo senso si crea­no i presupposti dell'autocoscienza dei grup­pi in una ridefinizione di esistenza nei con­fronti della collettività. I gruppi forse, come scrive Francesco Paolo Memmo, « sono desti­nati a scomparire. Di contro, tutta la giovane poesia è una poesia dì gruppo ».

L'editoria per i giovani si è amplificata no­tevolmente negli ultimi tempi con l'uscita di piccole edizioni, qualcuna molto sensibile spe­culazione sull'epidemia: pur non mancando, talvolta, in questi autori molto interessanti. Il mercato della giovane poesia è frequentato da poeti che si pubblicano a loro spese i libri. Oggi migliaia di persone in Italia « si eserci­tano » in poesia con risultati di ricerca comu­ne e con il voluttuoso desiderio di un incon­tro, spesso epistolare: è in un certo senso un modo per affermare l'appartenenza a una « casta » castigata. Quello che risulta positivo è la « fame » con cui molti poeti e/o critici « arrabbiati » vanno in cerca di pubblicazioni o materiali fuori dai « cibi » ufficiali attraver­so vie sotterranee del caso o della « rabdoman­zia » (che mi attribuisce l'amico Vito Riviello) di un segugio impoetato. Comunque alcuni editori minori compiono un lavoro specifico verso le nuove espressioni ponendosi come al­ternativa alla grossa editoria che punta sui no­mi noti e mummificati, aprendosi anche a qualche eccezione. Nonostante ciò credo ohe la situazione sia cambiata, e non apparente come qualcuno suppone, perché l'editoria ten­de sempre più a resuscitare la poesia, un set­tore certamente poco proficuo, anche per il diverso rapporto che si viene a costituire con la realtà: alcune edizioni si dedicano quasi esclusivamente alle nuove produzioni (vedi i Quaderni della Fenice di Guanda). Forse attualmente è più facile trovare un buon edito­re per un giovane che per un adulto con de­cenni di lavoro sulle spalle (anche con men­zioni su storie della letteratura) che non ha avuto la possibilità (o per rigetti psicologici) d'inserirsi in qualche giro, ufficiale. Il giova­ne non è più emarginato culturalmente, anzi è privilegiato nei confronti dei coetanei di al­tre generazioni: bisogna prenderne atto per non incorrere in uno sterile « giovanilismo ». La produzione del giovane morbo si trova di fronte a varie possibilità di sviluppo sintomatologico, soprattutto nei confronti della realtà: quali debbano essere i nuovi rapporti con l'esterno se di libera invenzione o di registrazione analitica del medesimo. Qualunque sia l'indirizzo il ruolo del poeta è comunque alienante per le disfunzioni del rapporto con la società e se stesso: non usufruisce di nes­suna retribuzione, (in genere), anzi nella stra­grande maggioranza deve retribuire l'aggetti­vazione della propria forza-lavoro creativa. Nonostante ciò la poesia rimane un veicolo d'espressione insostituibile. « Una sociologia » annota Alfonso Belardinelli « del produttore dei testi poetici sarebbe senza dubbio interes­sante... Emarginato, frustrato, schizoide o paranoide lo scrittore di versi non presenta oggi connotati caratteriologici molto diversi da quelli tradizionalmente noti ».

GIANCARLO PAVANELLO

Diario di Marzo

Dall'autobus oggi 3 marzo un mandorlo fiorito

in un grigio giardino di periferia è visto

da uno che ieri sera sdoppiato era il Cane

suo cadavere insonne, nauseato, ma non oggi

vedendo quel mandorlo fiorito in un giardino.

Tutto è cominciato con la persecuzione delineata

con la certezza d'essere al muro, bendato,

ammanettato perché dichiarato innocente. E

ha parlato di «leber» letto alla rovescia

SANDRA PATRIGNANI

Sara la malinconica

Saremo noi futuri mendicanti scialacquatori fervidi di sentimento così tesseva Sara la sua tela d'infelice rugiada la Malinconica. Saremo in questo sbattere di mare nella corrente aperta degli archivi ti ha detto le parole si son perse ti ha detto con malinconia andremo verso nord verso la piovra scioperando un tentacolo ogni giorno Sara la Malinconica sarà notturno suono sarà la notte dunque per morire nel sonno delle sfere spropositato affanno del dormire sotto la gloria del deserto infarto infrangendosi il mare sulle rive con il velo di Sara

sul pontile

NADIA SCUTARI

Logorarsi identificarsi amici

logorarsi identificarsi amici

bellezza di questo dolore

e tu lilly ricorda non

fare l'amore con un uomo

 

oltre al suo amico lo saprà

la parte di lui che erige

monumenti di sconfitta

trofei

 

come tale penzoli dentro di lui

con lo stile di piazzale loreto

ENRICO CELIDONIO

Lamenti sempre lamenti

1

lei

strega

o anche

'na not andant

 

2

incant de luna

follia de la not

 

la matrona vecchi'e calda

oh dio ke dolçor

ke dolçor ke dolçor

ah

 

el can dorm con lei

intristit

 

3

quan non c'è altro sito

la luna s'endorm ne la merd

 

4

lei

ke se gard'a lo specchio

joglar mut

sen carillons

[...]