"Claudio Pezzin manifesta una bastante disposizione a differire nella scrittura le malinconie della provincia veronese. Non corre dubbio che l’angusto spazio cittadino abbia bisogno di liberarsi dinanzi ai sensi e alla mente: l’evocazione dell’Arena, dell’Adige, dell’orizzonte concorre a spezzare le catene dell’abitudine ("Il fiume è il braccio di questa città distesa. E’ facile immaginare quale sia (la sua) intenzione segreta…; staccarsi dalla città e vivere di vita propria come un arto artificiale"). Consapevole dell’anestesia di massa, l’Autore non esita a elencare i correlativi del suo male di vivere…"

Donato Di Stasi