Il romanzo di Carratoni è una lunga, tormentata narrazione "liquida" e sfuggente ma molto corporea, molto sensuale, caricata a situazioni e fantasmi deliranti di erotismo autodenigratorio e autodistruttivo. L'identità del protagonista-vittima che dice io (quella, tra l'aggressivo e il patetico, di un degradato don Giovanni contemporaneo) è decisamente frantumata e priva di centro. Carratoni frantuma anche il tessuto dello sviluppo diegetico, e lo immerge in una sorta di laghetto metropolitano alquanto putrido di liquami bio-psicologici, fino al cupio dissolvi. Lo fa con una scrittura efficacissima, che si sposta continuamente sul filo di un punto di vista mobile e decentrato. Così il romanzo è, insieme drammatico e grottesco, nel quale corre anche, sotto la pelle, un divertimento malizioso e violento, che coinvolge il lettore con consumata abilità stilistica e forte senso dei ritmi e dei cambi di scenario. Insomma, è la prova sicura e vivissima di un narratore autentico.
Mario Lunetta