Daria Sanminiatelli rivela una grazia sublime nel trasmutare, direi quasi nel transustanziare l'esperienza in parole, così effonde il flusso e il riflusso primaverile, le vicende dei prati, la magia dell'imbrunire e del piovere. Tutto sprofonda nel cavo immenso delle tenebre, tutto risorge con un che di sensuale, nel desiderio di trasfondersi e immillarsi: vi è un'aura, un aroma, un nimbo di felicità nel più profondo di questi versi ("Tornerà l'estate piena/fino all'orlo/i sensi reclinati sul mio centro/a custodire il palpito/in liquido silenzio"). Accompagnati dalla voce sommessa dell'Autrice, assistiamo alla nascita della poesia intrisa di linfe, odorosa di petali, scossa dai tremiti delle cortecce, attonita e titubante tra i mille, impercettibili mutamenti del regno naturale, che dimora e fugge, sfolgora e dissolve in un baleno, o in un tempo amplissimo ("Quante volte traverserò i colori da parte/a parte prima di approdare al bianco?//...//Felicità è sferica/raggi dal centro, equidistanti/precarietà impalpabile si fermerà/tra le due dita"). La natura del ritorno testimonia i rimpianti, i turbamenti, le sollevazioni dell'anima mai esausta o rassegnata di fronte alle disarmonie del tempo presente: meglio una condizione convulsa e straziata che le miserie della disumanità. Scorrono davanti agli occhi della memoria e a gli occhi corporei immagini nitide e nuove, capaci di suscitare emozioni e sensazioni lontane, di restituire profumo, suono e luci dei soggetti trattati e ritratti. [...]