La poesia di Gian Primo Brugnoli sviluppa una tendenza fluviale fra le opposte sponde della visionarietà da un lato e dall'altro del-l'affabulazione anti lirica che, ben presto però, si trasforma in lirismo musicale.
"Ascolta quel che ti dico l'amore svia
ma se questo manca tutto il resto manca
e poi la ruota nel fosso disarticolata cade
e la mano nella mano sconsolata cede"
Ma è la radicalità che sorregge tutto il progetto compositivo di Gian Primo Brugnoli a permettere risoluzioni anche repentine d'orientamento oppure mutazioni improvvise di registro, ma non fastidiose, per non parlare dei piani di lettura. Tutto prova la profondità inferiore che si estrinseca verso regole troppo rigide, ma anche verso una certa magniloquenza o un certo barocchismo, oggi così in voga.
Terreno e spirituale procedono tra fascinazioni e intontimenti, tra disgiunzioni e connessioni, tra frantumazioni e aggregazioni per singole immagini o per teorie di immagini.
"Le cetonie
non conoscono il rosso
i rondoni il blu
Tu conosci le parole
e il rosso delle parole
qualche volta fremi
qualche volta fingi..."
Il poeta si discute e si denuda denudando il mondo egli altri. Insomma una nudità allo specchio per esorcizzare il proprio e l'altrui "sé" nascosto. E quale modo migliore di farlo uscire allo scoperto questo "sé" se non con la parola? La parola con la sua ambiguità ma anche con la sua schiettezza e con i suoi eterni legami che affondano nel mito e nel mistero?
"Quando si vive
è bello potersi guardare
rapidamente"
Con misura del verso e con una desacralizzazione, a volte ironica a volte quasi cinica, del ruolo del poeta, le parole di Brugnoli si avventurano in un hic e in un nunc che significano, sì, una ridda di ipotesi e di posizioni, ma che soprattutto propongono una poetica dell'anima.
"Nidificano i tormenti
uccelli di rapina
attenti a frugar nel rovo
di smemorate stelle
dove s'affisano quelle
che il cielo inclina"
Si direbbe che il poeta proceda per bilanci, che è poi un modo di avviare la lettura della pagina esistenziale attraverso il ricordo.
Questo vuoi dire che egli trova nella memoria il luogo più idoneo al raffronto di realtà passate e presenti — vere o immaginate — (l'arte ha il potere di rendere vera, attraverso la parola o l'immagine, quello che non c'è), dopo di che può rivolgersi, guardare a realtà impalpabili.
Si potrebbe, senza paura di smentita, parlare di una metafisica della vita che è insieme eticità e religio.
"...perché non portasse più via
la mia malinconia"
È una poesia che combatte le illusioni, e non potrebbe essere diversamente, dal momento che i bilanci poggiano su dati obiettivi e non solo su illusioni. Ecco perché la parola viene usata, giocata, amata, scarnificata, concupita.
E quando l'autore può trovare se stesso, lungo un percorso tra memoria e desiderio, insomma quando c'è il ricordo nitido o soffuso della recente realtà o il presente con la sua assillante incertezza del futuro, è lì che la poesìa dì Gian Primo Brugnoli raggiunge dimensioni alte, anzi eccelse, e di grande rigore stilistico.
Il pensarsi e il viversi al centro del caduco mondo lo fa avvicinare a temi toccanti e a situazioni sublimi con grande ironia. Ironia che da una connotazione molto personale ed interessante ad ogni poesia.
E sempre lei a lasciare sulla pagina la freschezza visiva di chi ha rivisitato la tradizione poetica, con grande profondità e amore, facendola propria. Insomma per essere chiari fino all'eccesso Gian Primo Brugnoli è come direbbe Boris Pasternak un "lettore ruminatore" ed uno "scrittore incisore".
"Viaggia la felicità
su pattini a rotelle
fugge per la tangente
di scarpe rotte"
E' sempre lecito, anche se gratuito, andare alla ricerca dei maestri di un autore e per Brugnoli mi viene da pensare a Corrado Govoni, Toti Scialoja, Edoardo Cacciatore, ma soprattutto a tutti quei poeti americani che vanno da Allen Ginsberg a Gary Snyder, insomma quelli che hanno lavorato in contiguità con la musica, he composizioni del nostro poeta sono infatti profondamente legate al jazz freddo.
Talvolta la scrittura è urlo di dolore, talvolta sembra distendersi azzardando l'abbraccio di tenerezze persino sentimentali, in ogni caso resta sempre vigile a se stessa e certa nei suoi proprì intendimenti.
A prima vista può stupire la convivenza fra la lucida, razionale analisi del proprio pensiero con l'esplosione emozionale dì tanti piccoli o grandi turbamenti, ma sono proprio questi passaggi che testimoniano, in forma di parole, lo scorrere della vita in lotta con se stessa, nel tentativo di ricacciare indietro i demoni della morte. Ed è proprio qui che Gian Primo Brugnoli con i suoi versi, ripeto, sempre controllati, lavati con ironia e immersi in un ritmo, che va dal semplice giro dì chitarra alla sofisticatissima sinfonia d'archi, si appropria dell'azzardo del vivere.
"...non c'è traccia di neve
non c'è traccia di fango
il mio cuore sul tuo cuore
non c'è traccia di tempo"
Dario Bellezza