Ho letto il libro con estremo interesse ed ho trovato questo scritto di particolare rilevanza, con spunti validi anche dal punto di vista psicologico, perché la bestemmia come noi la conosciamo, ha una profonda deviazione psicologica che cercherò di evidenziare.
L'Autore ha cercato di estrinsecare l'autopsia della bestemmia nei suoi vari aspetti.
Un elemento che a me sembra di particolare interesse è la distinzione che l'Autore fa tra bestemmia semplice e bestemmia ereticale, intendendo con la prima quella che ci capita di sentire comunemente, in strada, tra i giovani, giorno dopo giorno.
Bestemmia ereticale è un'espressione di bestemmia che è difficile da incontrare, mentre quella semplice appartiene alla nostra sfera culturale collettiva e psicologica, nel senso che nella società in cui viviamo, cerchiamo di esprimerci secondo quelle che sono le modalità comuni; e si sa che la società è cosparsa di laicismo ed atteggiamenti non praticanti.
In genere l'adulto usa queste espressioni per affermare la sua personalità in senso negativo. Il giovane, invece, per tentare di assomigliare all'adulto attraverso la bestemmia. Parlavo oggi con i miei studenti dell'adolescenza, fase evolutiva in cui si tende ad imitare gli adulti, sottolineavo come questa particolaresi fascia d'età si sia allargata notevolmente: fino a poco tempo fa si veniva considerati adolescenti fino ai diciotto anni, oggi sappiamo che statistiche varie ci dimostrano che si può essere adolescenti anche fino a trent'anni.
All'interno di questo nostro contesto culturale, troviamo degli atteggiamenti giovanili che esprimono l'assenza di pratica religiosa, e che comunque dimostrano che i ragazzi sentono il bisogno di esternare alcuni linguaggi comuni che appartengono all'adulto, e che in senso negativo li fanno apparire più grandi.
Il libro, credo che rappresenti queste articolazioni del fenomeno della bestemmia in maniera doviziosa, soprattutto quando l'Autore fa la distinzione fra bestemmia nei confronti del Dio degli altri e bestemmia rivolta al proprio Dio. Questo è un fenomeno molto più diffuso e grave di quello che può sembrare.
Penso che la bestemmia vera sia un atto difficile, complesso e raro. Non mi pare che quello che sentiamo comunemente sia considerabile una vera e propria bestemmia, tante volte si tratta solo di modelli culturali, sfoghi senza significato.
Credo comunque che la bestemmia si installi in un complesso che un autore illustre come Erich Fromm distingue: essere religioso in senso autoritario, in un senso direi primitivo, ed essere religioso in senso umanistico. A questo proposito egli parla di religiosità matura.
Io penso che chi vive una forma di religione matura non possa bestemmiare; praticamente significa aver assimilato un concetto che è proprio della religione cristiana. Alla fine, la vera religione è dentro di noi, e questa mi sembra la cosa più importante.
Ciò assume forma nel momento in cui l'incontro con Dio coincide con l'incontro con se stessi e con gli altri: allora credo che non si possa veramente bestemmiare.
A volte si incontrano mistici che bestemmiano, nonostante il loro essere indurrebbe a non concepire una tale espressione d'ingiuria.
S. Giovanni della Croce, parla con Dio in modo molto forte, e proprio in un momento drammatico come quello gli chiede: "Perché non intervieni?"
Lo stesso Cristo sulla croce dice al Padre: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
Potrebbe sembrare un atto di allontanamento da Dio e di lamentela, ma è solo un modo di esprimersi forte. Conclude però dicendo "sia fatta la tua volontà, non la mia".
Colaiacomo, con Autopsia della bestemmia, ci immette nella dimensione della religiosità umanistica.
La bestemmia vera è quella verso l'altro, non quella verso qualcosa di astratto, come quando inveiamo contro gli altri in loro assenza; non lo faremmo altrimenti, anche per paura di una eventuale risposta o ritorsione. Ecco perché molte persone bestemmiano Dio: perché non risponde.
Quella più dura è la bestemmia che noi facciamo nei confronti del prossimo, ed è ben visibile nella non accettazione delle persone, per quello che sono, e soprattutto così come sono.
Rosario Mocciaro