E' incredibile come Mario Lunetta con ogni libro esalti e affini le sue
stupefacenti peculiarità e versatilità di ispirazione, di
scrittura, di stile. Pure avendone recensito alcuni titoli e
conoscendolo da tanti anni, frequentandolo con assiduita tra convegni,
dibattiti, mostre. Accademie di varie strutture e qualità, ne
rimango, ogni volta, incredulo e affascinato.
Perché? Perché in ogni suo tipo di scrittura egli riesce
a trasfondere quel "quid" che ne fa l'autore più atipico e
originale dei decenni più recenti. Voglio dire che, sia
scrivendo poesie, sia scrivendo romanzi, sia scrivendo saggi o opere
teatrali o prefazioni per cataloghi, libri e mostre d'arte, la sua
creatività rimane inconfondibile anche per i suoi lettori
più fedeli e più sodali (quorum ego). Intanto, al solo
ripercorrere i titoli della sua bibliografia rimango, ogni volta,
stupefatto. Eccone gli addendi. Ben 24 sono i suoi libri di versi, dal
primitivo Tredici falchi del 1970 all'attuale Doppio
fantasma uscito in
questi mesi. Ben 14 i suoi libri di narrativa e ben 10 le raccolte di
saggi. In più, ha curato monografie su Sughi, Attardi, Forzano e
altri pittori. Ha curato opere di Svevo, Campana, Velso Mucci. Ha
curato le antologie Poesia italiana oggi, Verso Roma / Roma in
versi e
Poesia italiana della contraddizione. Ha messo in scena varie opere
teatrali. Ha tradotto il poeta cileno Hernàn Castellano
Giròn. Ha scritto prefazioni e commenti per tanti libri altrui,
pur collaborando a quotidiani e riviste. Un vero e proprio instancabile
poligrafo tra "700 e "800.
Ma. in un contesto di opere e di scritture così variegato e
multiforme quali ne sono i temi, gli assunti, le ideologie?
Sostanzialmente sempre quelli della denuncia dei soprusi e del
malcostume; sempre quelli dell'indignazione per le nefandezze e le
prevaricazioni commesse dai potenti di turno; sempre quelli
dell'irrisione e del sarcasmo verso le furberie, le superstizioni, i
dogmatismi, le idolatrie feticistiche delle tante religioni in perenne
massacro reciproco.
Come i grandi scrittori della irridenza che la storia ci ha tramandato,
da Dante a Francois Villon, da Bandelle a Rabelais, da Voltaire a
Sterne, da Swift al nostro Belli, da Shaw a Pirandello, anche Lunetta
documenta e denuncia la deriva delle idee, il dilagare del sopruso
dell'uomo sull'uomo, la, crescita inarrestabile della
mediocrità, del malcostume, della menzogna che inquinano tutti i
livelli della società.
Anche in Doppio fantasma Lunetta rielenca questa devastante
situazione,
con i relativi disastri: storici, sociali, civili. Ma prima di
estrapolarne i versi più esemplificativi, debbo fornire qualche
dato bibliografico di questo intenso e superbo volume.
Stampato in accurata e luminosa struttura grafica e tipografica dalla
Editrice Fermenti, elenca nelle sue 130 pagine 91 poesie che Mario
Lunetta ha dedicato, nel tempo, a altrettanti artisti. Così come
elenca le 91 riproduzioni che gli artisti "decantati" hanno offerto per
l'edizione. Una percentuale buona (ma non esaltante) la detengono anche
le artiste-donne. Esse sono ben 21 contro i 70 artisti-maschi: ma
è già una percentuale dignitosa rispetto ai tempi del
Carducci che sentenziava: "né donne né preti saranno mai
poeti". Il libro, l' "oggetto-libro" è. dunque, di tutto
rispetto, con i complimenti per ogni artefice: il poeta Lunetta, le 21
artiste, i 70 artisti, l'editore. A completare questi già
sontuosi apparati provvedono il limpido corsivo d'apertura dello stesso
Lunetta, una precisa e documentata prefazione di Aldo Mastropasqua, la
post-fazione, originale e ironica, di Lidia Reghini di Pontremoli, il
rilievo-pittura di Bruno Conte, essenziale e limpido, che trionfa in
copertina con il defilato profilo del Lunetta ironico-assorto.
Di ogni artista Lunetta riesce a cogliere, e sempre con un versificare
preciso, attinente, veritiero, il senso della creatività, il
flusso psicologico e umano, persine gli aspetti fisionomici con i tic,
i rictus, le prosopopee. Un lavoro immane, in un groviglio di raffronti
psicologici, caratteriali, comportamentali, tra l' "artista-indagato" e
l' "autore-indagatore".
Qualche esempio tra gli artisti frequentati anche da me: "...amico
Baruchello: / coi disegni a tranello / del tuo universo micron /
(illimitato, ingovernabile / come una pulce innamorata)". Bruno Caruso:
'"...il suo volto malinconico e sapiente / che sorride, racconta, non
abbassa mai lo sguardo". Benaglia: "che dentro specchi e cerchi metti
orizzonti di pianeti / e stelle e uccelli / che le sirene ti sono
sorelle / e i labirinti le balene i monti soffici sofà". Alba
Gonzales: "Avidamente annodi corpi e forme / levigate nel bronzo,
dentro il rosa / erotico del marmo, incaute orme / segrete, dove
l'occhio cerca ed osa". Irpino (pseudonimo di Alfonso Cipollini, mio
compagno di giochi nel comune paese irpino): "Accattivante e rustico
creatore, / Luciferino arcangelo caduto, / Frughi i misteri del tuo
fuoco, e muto / Oracolo ti fai all'osservatore". "Strazza strappa lo
spazio repentino. poi / ne sutura le ferite, lo nutre con urgenza di
colore, postea / lo dissipa fra strettoie e reticoli, in un fumo /
d'aria e di luce".
Potrei continuare all'infinito ma dovrò pur riportare anche gli
esempi del versificare irridente e sferzante cui ho accennato nei
paragrafi precedenti con la lunettiana visione (esatta, terribile,
irreversibile) degli sfaceli del mondo:
"le fattezze inconoscibili
di un mondo che già più non ci appartiene, scomparso
nel suo peso malato, nella sua ottusità senza perdono"
"da questo
Quaggiù tutto da ridere, tutto da dimenticare, che
solo per stanchezza, per paura o per errore,
si avventa contro un cieco cielo di cartapesta"
"Ma tutto è già avvenuto, prima
dell'esplosione: ed ora
implode il mezzomondo, implode senza fine, si avvita a qualcosa
che nessuno conosce, trafigge le sue stesse midolla pietrificate,
imprigiona
tra spini qualche gemma superstite, invano si sottrae
all'anello dell'equatore, tenta di annichilire i meridiani
in un encausto feroce, si congiunge con ganasce simili
a scale per il nulla, vaga come un vecchio elmo a raggiera di aculei
per un cielo che conosce soltanto la luce nera della notte"
"ma non ci si copre gli occhi: al massimo, se ne fa
riparo
contro la stupidità generale che non smette di avanzare
come una marea, contro l'avidità che depreda il mondo
& lo vende & lo rivende mentendo spudoratamente
sul prezzo & sul valore"
"indaghi sui residui, offri
materie degradate, povera oggettualità dell'universo dello spreco
nell'Era della Discarica Globale:"
"contro le pareti di quella scatola di ferro
rugginosa
che ha nome (in via del tutto provvisoria, temo) di Storia, Regno
della Necessità, Barriera del Limite, Aria Fritta, enfin"
"Farò un gesto
del mio mestiere, che è di allineare parole
ormai solo per vedere se vi è rimasta una briciola di senso, una
scintilla
di possibilità vera, dentro la menzogna globale
che ci stringe alla gola
Qui mi fermo, lasciando al lettore le ulteriori scoperte delle tante altre verità che il libro enumera e racconta: vertià ideologiche, civili, sociali, morali.
Giuseppe Tedeschi