Questo romanzo di Velio Carratoni, si avvale di un'affettuosa
prefazione di Dario Bellezza e di una penetrante postfazione di
Donato Di Stasi, che si mostra attento non solo a individuare i
meccanismi diegetici dei libro, situarlo correttamente nel quadro
dell'attuale narrativa italiana. Da parte mia, credo che ciò che
oggi viene spacciato o-trasgressione sia semplicemente merce. Tutto
è trasgressivo, e non ci si accorge che in genere si tratta solo
di maleducazione e di mancanza di stile: come dire, di conformismo
travestito con disinvoltura becera Qualsiasi burino da schermo
catòdico crede di trasgredire strizzando le palle a qualche
conduttore plastificato o a qualche conduttrice siliconata. E' l'Era
dei Grande Fratello.
Le parole non sono mai innocenti, mai neutre: per cui, un lemma
iperfortunato come appunto conduttore, oggi, dove conduce realmente se
non verso l'imbecillità soddisfarla, felice della sua audience ?
Si trasgredisce sul serio quando si mette in discussione l'intero
assetto dei valori che reggono la
società in cui si vive. L'autentica trasgressione è
politica. E la società odierna, planetaria e
globalizzata. si fonda sulla mercificazione di tutto. Di questo tutto
sono parte importante l'eros e il
sesso. Il perbenismo e il conformismo passano attraverso il discorso (o
la chiacchiera, o
l'esibizione) sessuale, se non affrontano preliminarmente il discorso
che ne smonti l'ideologia, ossia
la falsa coscienza. Nella sua cecità mercificata, così,
la nostra società realizza una sorta di
bigottismo erotico e sessuale alla rovescia, proprio perché mai
come oggi la sessualità è stata più
esibita e meno libera.
In questo ambito, la Chiesa fa solo confusione interessata. E tra
l'altro, nei Vangeli (a differenza che nella detta Bibbia, che ne
è la Grande Madre) la sfera sessuale è taciuta: un
Interdetto che. cancellando la sessualità di Cristo, si
farà nei secoli sempre più stringente e ideologica, fino
a diventare ossessione paranoica.
Il Romanzo Libertino, soprattutto francese, è architettura e
strategia, opposizione ai poteri repressivi e alle Potestà
costituite. Laclos, Crébillon, Diderot, Sade, Restif de la
Bretonne, Mirabeau, Pierre Louys, Calaferte, etc. - fino at giorni
nostri: Klossowski, Histoire d'O, Aragon (Le con d'Irène),
Cocteau, Bataille, Emmanuelle Arsan...
Un capitolo a sé esige lo scandalo da educandato de L'amante di
Lady Chatterley (1928) di D. H. Lawrence, nel quale le pulsioni
mistico-pàniche si volgono ad auspicare una sona di religione
della sessualità come liberazione assoluta, saltando il
groviglio delle contraddizioni sociali, politiche, etc. Il puritanesimo
fa qui valere i suoi diritti, per così dire: come del resto
avviene, in forme ancora più radicali, nell'erotismo letterario
americano, che è "iperrealista" e francamente pornografico: v.
Henri Miller, Anais Nin, Erica Jong, etc.
In Le libértinage di Louis Aragon (1924) si legge; "La parole
n'a pas été donnée à l'homme: il l'a
prise". E ancora: "L'amour m'interesse plus que la musique. Ce n'est
pas assez dire: en un mot, tout
le reste n'est que feuille morte".
Don Giovanni e il suo mito travalicano la sfera delia sessualità
per porsi come rivolta totale contro
la Totalità della repressione, che e l'idea di Dio; ed è
al tempo stesso curioso, ma non casuale, che
siano sempre stati taciuti, con una rimozione clamorosa, i sei (6) Don
Giovanni del
prima di Molière (Dorimond, Villiers, Rosimond, etc.). Don
Giovanni fa paura ai poteri costituiti.
non per il suo libertinaggio sessuale, ma perché portatore di
disordine nei confronti degli assetti
ideologici e istituzionali consolidati: per cui, non può che
trattarsi di una creatura diabolica:
"Le voicy qui revient: quelle face effroyable! /Il porte au front la
marque et la griffe du Diable!"
Il rapporto tra eterosessualità e omosessualità è
nel Moderno al centro di molta letteratura di qualità, da Gide a
Vita sackville-West, dalla Woolf a Genet a baldwin a Penna e Arbasino
(tralascio Pasolini prprio per l'atteggiamento sempre ambiguo che nei
suoi testi annebbia "cattolicamente" la questione).
Oggi, con Le grazie brune, il nostro Carratoni, uomo e
scrittore di specie illuminista che vive un tempo scisso e
un'umanità di identità frantumate, non costruisce
architetture, ma decostruisce ulteriormente manufatti e personaggi
già prossimi allo sfacelo psichico. il suo è un romanzo
metapornografico e mette in campo una crisi critica. In un recente libo
di aforismi (Il sorriso funesto) Carratoni scrive:"Amo il
disordine. Per questo agisco per creare problemi a me e agli altri". E
ancora: "Per chi è gretto e impreparato il libro può
essere l'arma più rischiosa e compromettente. Soprattuttto se
parla di sesso; si tollera più il nudo al cinema, in TV, in
spiaggia e per strada. Descritto nella pagina, a chi legge sul serio,
è un affronto oltre misura".
Il protagonista del romanzo Manio Moresi, giornalista imputato per
diffamazione ai danni di certi speculatori edilizi, vive - in modi
assai improbabili e ectoplasmatici - in una sua alcova-bunk certi a
prova di curiosità e di intrusioni non autorizzate.
Le donne con cui ha contatti e rapporti (Giada, Giovanna, Lorise,
Lucia. Monica) sono figure vanamente sbandate di borghesi
insoddisfatte, deprivate di ruolo, quasi ignote a se stesse. Si accampa
nel libro, si direbbe in modi inevitabilmente automatici, un
atteggiamento voyeuristico, contemplativo, pressoché passivo,
nel senso che l'energia del protagonista è tutta impegnata nel
guardare e nell'analizzare le reazioni delle sue partners-pazienti. E'
ciò che provoca uno spaesamento poetico continuo, che ha la
forza di disorientare una lettura interessata ai "contenuti" esibiti e
ai dati pulsionali e fisici. Con sottile perfidia letteraria Carratoni
elude certe forme di fruizione banale, e affida al proprio
personaggio-demiurgo-vittima un ruolo di gestore delie proprie
imageries, memorie, fantasmi, proiezioni. Il suo rapporto con la vita
è - si direbbe - quasi filmico. Moresi è un ascoltatore,
e si arroga con le sue amiche la funzione di uno psicanalista
innocente, senza lettino e senza demiurgie: ma il transfert scatta lo
stesso, e spesso con conseguenze rischiose, soprattutto per le sue
donne. Le quali si confessano e si raccontano, al pari di Sheerazade
che non dilazionano la propria morte, ma narrano la propria assenza:
un'assenza che si verifica in una catena di giochi sessuali, di
frustrazioni, di avvitamenti dell'impossibilità di essere
veramente, entro uno spazio di libertà in qualche modo
realizzata.
E' quella libertà che il romanzo si conquista in una Roma
tutt'altro che vedutistico-turistica, livida e stravolta: e la
narrazione delle vicende di Moresi e delle sue donne viene intercalata
da zone aforistiche, in cui compare nientemeno che Richiard Wagner,
equivoco maestro di saggezza; in cui si accampano certi dialoghi
deliranti fra la Scrofa e la Donna: con un'operazione di meticciato e
di contaminazione violenta, a frizione, secondo una procedura che non
rispetta nessuno steccato tradizionale, e funziona in senso
assolutamente antinaturalistico, di forte effetto sperimentale. Una
strategia siffatta non poteva che avvalersi di una lingua particolare:
e quella del romanzo li Carratoni è infatti decentrata,
spastica, piena di anacoluti e di cortocircuiti: dal triviale di
ragionativo, dall'immediatezza frontale alla parafrasi retorica. Una
lingua fatta di scarti, di cedimenti, di fratture: tutta proiettata
all'esterno, anche quando sia tramite alle confessioni più
spudoratamente intime di Manio e delle sue donne. Ecco allora che,
proprio in virtù di questi continui déplacements e cambi
di velocità, Le grazie brune riesce la felice, acre metafora
ossessiva di un harem soprattutto mentale, all'interno della quale si
spargono senza soluzione di continuità un senso di disfacimento
e di morte, di perdita dell'identità e di tacita furia
autodistruttiva, che ci parlano del nostro mondo senza più
direzioni, della nostra civiltà comatosa. Il romanzo di
Carratoni, così viene a porsi con l'energia di un gesto
letterario del rifiuto, di una rivolta totale carica di disgusto contro
la rete di cementarmato degli innumerevoli format che inscatolano e
avviliscono ogni nostro atto, ogni nostro pensiero.
Mario Lunetta