Mi pare rimarchevole
soprattutto quel voler fissare la vita com'é, senza scarti
né infingimenti o convenzioni, che è come un filo rosso
che
percorre l'opera in maniera più o meno sotterranea. E la vita,
nel suo farsi, è vera protagonista del romanzo: grida le proprie
pulsioni e il proprio bisogno di affermare se stessa, secondo i propri
principi. Può essere, in tal senso, assunta a nucleo,
punto nodale, del libro la considerazione dell'io narrante: "Ho fame di
realtà, dopo anni di esperienze libresche" (che è lo
stesso tema di fondo del "Faust" goethiano).
Da qui, il peso massiccio attribuito alla corporeità in generale
e all'erotismo in particolare, quest'ultimo visto anche nella
sua, a volte logorante, complessità e comunque non tanto come
elemento di trasgressione, quanto piuttosto come
liaison tra la nostra dimensione psicologica e quella biologica e,
infine, come mezzo di liberazione. A principiare dal
superamento ( o smascheramento nietzschiano) delle false liberazioni e
dunque degli pseudo liberatori, quelli... storici e
quelli che si sono aggiunti nella società attuale, in questa
civiltà tecnologica, mediatica e globalizzata/globalizzante.
Romanzo, infine, anticonvenzionale, urticante, giocato su una scrittura
fluida e accattivante, non elucubrata, nemica dei
luoghi comuni, che può considerarsi un preclaro esempio di
letteratura libertina, per così dire, post litteram.
Lucio Zinna