In questo fine millennio, cadenzato da incanagliamenti avanguar-distici e da sperimentalismi fine a se stessi, trovare poeti che coltivano l'amore per la parola, lontano da finte trasgressioni e da clamori multimediali, è una sorpresa, anzi oserei parlare di un vero, piccolo prodigio. Se poi questi "facitori di parola" si ritagliano uno spazio nel cuore medesimo della poesia è un dono graditissimo, oltre che il segno ovvio della vitalità del "verbo poetico" che sbarbarianamente diventa: "un ciotolo pesante". E ancora se questi versi sono "pensieri poetici" sparsi lungo una vita, come quelli di Gemma Forti, il tutto assurge a miracolo confermando la parola di Gianfranco Contini: "La poesia non tollera ipotesi, ma solo l'evidenza dei miracoli".
"...Così la mia
la tua anima
si apre al divino
e varca la porta"
Quest'opera smilza ha una sua monumentalità nella tenuta. Siamo di fronte ad un arcipelago poetico dove l'isola principale è l'amore. Amore per la ricerca, per la scoperta, per la natura, per il poetico e soprattutto per l'essere umano. Da lì viene l'ostinata speranza nell'uomo nonostante la storia cieca e la fatica quotidiana del vivere e del glissare la morte.
"...Eppure
tuo malgrado
hai avuto un lampo
un guizzo di tenerezza
uno sguardo furtivo
che ti ha fatto comunicare
con me
e
per un attimo
ha permesso di penetrare
io sola
dentro di te".
Scrivere poesie ragionando sui fatti della vita, sull'esperienza realmente vissuta conservando un filo dì razionalità che trapassa il lirico, questo mi sembra un dato importante nella poesia dì Gemma Forti. Seguendo la strada di poeti inglesi come: Hardy, Auden, Spender, la nostra autrice riesce ad elevare il quotidiano facendo emergere attraverso un dettato essenziale una poeticità scultorea. Inserisce in blocchi feriali un'anima festiva, insomma fa emergere il poetico dall'impoetico.
Questo libro di versi ha il pregio di evidenziare l'animo lieve ma anche la mente razionale della sua autrice.
Oltre a leggere molto, anzi direi a divorare poesia, e parlo di quella migliore, Gemma Forti la rumina e poi ce la restituisce sulla pagina con un segno assolutamente personale ed inconfondibile.
Il percorso del libro che copre un arco temporale di almeno tren-t'anni potrebbe far pensare a grossi squilibri, non è così, certo vi sono componimenti più levigati e componimenti più grezzi, ma la voglia di liricizzare il quotidiano sliricizzando il poetico è presente dal primo all'ultimo verso.
"...Una sola
si stacca
e
per un attimo
si avvicina.
Ma
sempre più sola
vado innanzi". (1963)
"...Torre di Babele nella notte.
Vari accenti si incrociano
voci e mani diverse
s'intrecciano.
Il battello sull'Hudson
riposa
domani
riprende il cammino". (1980)
Una onnivora curiosità, stemperata da una capacità di giudizio che miscela sempre mente e cuore, e una metodicità nell'annotare,
con lucidità espositiva e con afflato lirico, fanno di questi pensieri poetici un mondo di parole che riesce a trasfigurare le fibrillazioni spontanee dell'esistenza in efficace poesia.
Gemma Forti porta nel suo "diario quotidiano": memoria, emozioni che narrano smarrimenti e turbamenti, stupori che sì intrecciano alla trama del mondo reale e al mondo che sta dietro a quello visibile. Ogni avvenimento appare scontomato da una superficie della memoria che lascia trasparire dalle sue fenditure i sedimenti del tempo.
La nostra autrice lavora dunque sul senso, e cioè tende a farsi oggetto senza mai identificarsi con la realtà, e così scioglie ogni divisione tra mondo interiore e mondo esteriore.
Quello che preme a Gemma Forti è rappresentare, senza astrazioni o filosofemi, la dimensione mentale delle "cose".
Il suo lavoro è dentro la materia anima e dentro lo spirito parola. Sembra insomma che la nostra poetessa voglia ritessere le intricate trame dell'universo partendo da una condizione semplice quale è l'io generante e dunque parlante. È insomma la parola che crea e che disfa. Ecco allora che la parola, nella sua totale e assoluta ambiguità, diventa bisogno vitale dì canto ma anche possibilità di canto autentico.
"...L'anima, come un colibrì,
vola
vola
vola
e cerca Dio.
E cos'è Dio?
Dio è pura essenza
principio di principio.
Forse
l'anima è
Dio"
I pensieri poetici di Gemma Forti, lei così ama definirli, vivono la verità di equilibri formali sospesi. Animati da magiche ritualità
attraversano spazi ambigui dove il respiro e il battito del cuore possono diventare anche una opinione.
La parola è sempre precisa, lucida, partecipe. Il percorso è dunque chiaro, è la nitidezza.
Gemma Forti abbatte con la sua parola le forme della consuetu-dine, infatti non registra avvenimenti, ma crea eventi poetici.
Nella struttura strofica i versi spezzati, le cesure frequenti, sono un modo di vestire ciò che diventa ben presto tono, musica, forma.
Togliendo con poeticità la quotidianità alla ripetitività e alla noia ma anche all'esaltazione e all'encomio passeggero, Gemma Forti rende la stessa quotidianità epopea poetica. Una epopea poetica sostenuta e scandita da versi sempre corti, tesi come corde di violino o come filo di ferro, dipende. Ora ansiosi e rapidi, ora distesi e discorsivi questi pensieri poetici possiedono una musicalità incalzante, una visivi-tà coinvolgente e una storia affascinante.
Dario Bellezza