Questo libro di Gemma Forti è tra quelli che meglio si prestano a rimarcare, a sottolineare, in certo qual modo ad esaltare il sentimento amoroso, la passione d’amore. Diciamolo subito: questo libro della Forti è un libro desueto. Desueto per una serie di ragioni. In un’epoca che sembra aver cancellato dal proprio orizzonte ogni forma di sentimento e puntare tutto sulla negatività del vivere, sul disinganno, sull’apatia, Gemma, con una operazione in controtendenza, privilegia le ragioni del cuore, di quello che Montale definiva "uno scordato strumento". Desueto per la forma: Gli occhi della genziana è un intrepido romanzo in versi. Desueto per il contenuto e le atmosfere. Un libro quindi decisamente fuori del tempo: ma è proprio da queste caratteristiche che esso deriva il suo fascino d’antan, sono proprio questi elementi che gli conferiscono quel sottile incanto, proprio degli oggetti sui quali il tempo ha depositato la sua leggera patina. Gli occhi della genziana colpisce come può colpire un vecchio bibelot ripescato nel fondo di un cassone e capace di riproprorci, con la sua sola presenza, immagini e ricordi d’altri tempi. Gli occhi della genziana possiede quell’ambiguo potere di suggestione proprio di una vecchia foto ingiallita, di quelle foto color seppia che con la loro grande forza evocatrice, ci fanno recuperare, d’incanto, sensazioni ed emozioni seppellite, relegate nelle pieghe buie del nostro subconscio. Gemma Forti ci riporta, con questo suo romanzo in versi che sembra una favola ma che in realtà mima, con i moduli espressivi della poesia, un evento vero, accaduto nella sua famiglia, Gemma Forti – dicevo – ci riporta all’alba del secolo che è appena tramontato e ne tratteggia li elementi salienti, le atmosfere, il clima, ne scandisce, servendosi della voce dei poeti e di alcuni personaggi della storia del Novecento, le tappe, gli snodi, ma ne sottolinea anche la mentalità di classe che pervade la buona borghesia, per poi esaltare il gesto coraggioso e trasgressivo della protagonista, Angelica, che appellandosi alle ragioni del cuore e della dignità, compie la sua scelta di donna innamorata. La narrazione in versi permette all’autrice di raccontare per scorci la storia e di imprimerle un ritmo calzante, con ampie aperture, con squarci paesaggistici – il paesaggio fiesolano – di vibratile leggerezza. Chiusa la favola, la storia d’amore, il libro di Gemma, con un balzo cronologico, ci immette nello scenario corrusco di questi nostri anni, in una sorta di controcanto drammatico e impietoso, dove "il grido del cuculo echeggia acuto/Più in alto/Più in alto sovrano regna/Re condor". E a sottolineare la continuità di violenza che ha attraversato tutto il Novecento Gli occhi della genziana si chiude su questi versi: "Il fine millennio si colora di rosso/come l’inizio/come la metà del secolo/In cielo piume al vento/E ali spezzate di colombe". Dietro l’eco di questi versi, risentiamo il grido quasimodiano: "Sei ancora quello della pietra e della fionda/uomo del mio tempo".
Giuseppe Neri